LA CORTE DI APPELLO DI TRIESTE 
                           Collegio lavoro 
 
    La Corte di appello di Trieste - Collegio lavoro, costituita come
segue: dott. Mario Pellegrini - Presidente, dott. Lucio  Benvegnu'  -
Consigliere, dott.ssa Silvia Burelli  -  Consigliere,  ha  emesso  la
seguente ordinanza. 
    Nel procedimento in grado di appello iscritto al n. 219/2015 R.G.
promosso con ricorso depositato il 17 luglio 2015 da  Andrea  Cabibbo
con l'avvocato Fabio Scaini contro Cassa nazionale di  previdenza  ed
assistenza forense in persona del Presidente in carica,  avv.  Nunzio
Luciano, con gli avvocati Franco Zumerle e Mauro Valcareggi. 
    Con ricorso depositato il giorno 11 aprile 2014 l'avvocato Andrea
Cabibbo si rivolgeva al Tribunale di Pordenone, giudice  del  lavoro,
esponendo di essere un  avvocato  iscritto  all'ordine  di  Pordenone
nonche' alla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense sino
dal 2002, di avere regolarmente adottato assieme alla moglie  Tatiana
Bortolotto con adozione internazionale tre fratelli minori  stranieri
extracomunitari  e  precisamente  di  nazionalita'   colombiana   nel
febbraio/marzo 2012. 
    Narrava  poi  l'attore  che  sua   moglie   aveva   espressamente
rinunziato a richiedere l'indennita' di maternita' con riferimento  a
detta adozione e di avere egli stesso percio' richiesto  l'indennita'
in oggetto alla Cassa forense alla  luce  degli  articoli  70  e  72,
decreto legislativo n. 151/2001 nel testo vigente in allora,  vedendo
pero' respingere tale sua richiesta. Definiva poi  il  ricorrente  il
quadro normativo di riferimento  e  delineava  gli  interventi  della
Corte costituzionale avutisi in materia, ed esponeva indi le  ragioni
per cui la sua domanda, volta come detto ad ottenere l'indennita'  di
maternita' per effetto della citata adozione e concludeva poi come da
ricorso dell'11 aprile 2014. 
    Si  costituiva  in  giudizio  la  Cassa  convenuta  che  eccepiva
l'intervenuta estinzione per prescrizione del credito  qui  azionato,
notava poi l'infondatezza della domanda  di  controparte,  contestava
l'entita' del credito come allegata dal ricorrente e concludeva  come
riferito nella memoria del 5 giugno 2014.  La  causa,  istruita  solo
documentalmente, veniva discussa e decisa con la sentenza n.  17/2015
del 28 gennaio/4 febbraio 2015 che respingeva nel merito  le  domande
dell'attore condannando poi lo stesso pagare le spese processuali. 
    Contro detta decisione proponeva  rituale  e  tempestivo  appello
l'attore Andrea Cabibbo che  ripercorreva  i  fatti  di  causa  e  ne
definiva i temi per affidarsi a tre motivi di gravame. 
    Notava l'appellante che il  giudice  di  primo  grado  aveva  mal
interpretato e ricostruito  il  disposto  degli  articoli  70  e  72,
decreto legislativo n. 151/2001 e  il  significato  degli  interventi
della Corte costituzionale in materia; osservava inoltre l'attore che
il  Tribunale  aveva  errato  nel  ritenere  che  le  singole   casse
previdenziali godessero di autonomia nel dare attuazione  alle  norme
inerenti alla fattispecie cosi' violando gli articoli 113 e  115  del
codice di procedura civile. Si doleva infine l'attore dell'erroneita'
della decisione sulle spese di lite, da compensare a suo dire fra  le
parti in presenza delle condizioni di legge di cui  all'art.  92  del
codice di procedura civile. 
    Si costituiva anche in questo grado la Cassa appellata replicando
ai rilievi di controparte e riproponendo le proprie precedenti difese
per concludere come in atti. 
    La causa, affidata originariamente ad altro consigliere relatore,
veniva poi assegnata ad altro relatore, redattore del presente  atto,
e trattata con il deposito di note autorizzate per  essere  destinata
alla decisione di questo Collegio che, all'udienza  del  1°  dicembre
2016,  provvedeva  con  ordinanza  rimettendo  le  parti  all'udienza
odierna per la sola lettura della presente ordinanza. 
    Viene qui sollevata da  questa  Corte  di  appello  questione  di
legittimita' riferita alle norme di cui agli articoli  70  e  72  del
decreto legislativo n. 151/2001 con riguardo agli articoli 3, primo e
secondo comma, 31, 29 e 117, primo  comma  della  Costituzione  nella
parte in cui esse, in base all'interpretazione datane in primo grado,
vietano in sostanza l'erogazione  dell'indennita'  di  maternita'  al
padre adottivo anche nel caso in cui  la  madre  abbia  rinunziato  a
detta prestazione. Va premesso  che  in  fatto  e'  pacifico  che  il
ricorrente ebbe ad adottare assieme alla  consorte  tre  fratelli  di
minore   eta'   con   adozione   internazionale   in   Colombia   nel
febbraio/marzo  2012,  che  sua  moglie  Tatiana  Bortolotto  ebbe  a
rinunziare all'indennita' di cui  all'art.  70  e  seguenti,  decreto
legislativo n.  151/2001,  che  l'attore  chiese  quindi  alla  Cassa
forense di sua iscrizione il  pagamento  dell'indennita'  in  oggetto
vedendo respinta tale sua istanza, come e' documentalmente provato ed
e' poi incontroverso in causa. Le norme di  riferimento  dunque  sono
l'art. 70, primo comma, decreto legislativo n. 151/2001 per il  quale
nel suo testo vigente  sino  al  2015:  «Alle  libere  professioniste
iscritte ad un ente che gestisce forme obbligatorie di previdenza ...
e' corrisposta un'indennita' di maternita' per i due mesi antecedenti
la data del parto e i tre mesi successivi alla stessa ...» e la norma
stessa, al comma 3-ter aggiunto per effetto della modifica introdotta
dal decreto legislativo n. 80/2015, in base a cui : «... L'indennita'
di cui comma 1 spetta al padre libero professionista per  il  periodo
in cui sarebbe spettata alla madre libera  professionista  e  per  la
parte residua, in caso di morte o di  grave  infermita'  della  madre
ovvero di abbandono, nonche' in  caso  di  affidamento  esclusivo  al
padre» e poi l'art. 72, decreto legislativo n. 151/2001 per il quale:
«... in caso di adozione e di affidamento l'indennita' di  maternita'
di cui all'art. 70 spetta, sulla base di idonea documentazione, per i
periodi e secondo quanto previsto dall'art. 26 ...». Va posto  subito
in risalto che esiste una stretta connessione fra tali due  norme  ed
ipotesi sicche' la prestazione in essere per i genitori  adottivi  e'
«quella di cui all'art.  70»  e  siffatto  rinvio  vale  non  solo  a
definire la durata e la misura della prestazione ma anche  il  novero
degli aventi diritto. Dunque in base alle norme in  riferimento  pare
chiaro che il rinvio alla prestazione  di  cui  all'art.  70  operato
dall'art. 72 valga in casi come questi di adozione solo nelle ipotesi
tassative individuate ivi e con riguardo al  padre  e  non  anche  in
altri casi; in tale senso del resto si e' espresso il primo giudice e
cioe' il Tribunale di Pordenone (sentenza n. 17/2015 del  28  gennaio
2015, evidenziando la natura di sentenza additiva di principio  della
sentenza n.  385/2005  della  Corte  costituzionale  e  quindi  della
necessita' in ogni caso  di  un  intervento,  non  avvenuto  ed  anzi
effettuato  in  senso  restrittivo,  parte  del  legislatore.   Anche
prescindendo dal dato temporale per cui  la  domanda  di  prestazione
risale all'anno 2012 e quindi a prima della novella del 2015  di  cui
al decreto legislativo n.  80,  risulta  evidente  che  il  caso  del
ricorrente Andrea Cabibbo non viene considerato meritevole di  tutela
dal legislatore; infatti l'intervento della Corte  costituzionale  di
cui alla sentenza n. 385/2005 richiamata dall'attore  ha  natura  non
certo  autoapplicativa  essendo  comunque  necessario  un  intervento
legislativo sul tema (vedi, sul tema ed in tale preciso senso,  Cass.
n. 8594/2016) intervento che e' stato solamente quello di cui  si  e'
fatto cenno e cioe' l'introduzione del comma 3-ter  all'art.  70  del
decreto legislativo  n.  151/2001  con  riferimento  quindi,  per  il
diritto del padre all'indennita'  di  maternita',  ai  soli  casi  di
morte,  grave  infermita',  abbandono  della  madre   o   affidamento
esclusivo al padre. Nel caso in oggetto, invece,  non  ricorrono  ne'
ricorrevano dette condizioni e vi era solo  il  dato  della  rinunzia
all'indennita' da parte della madre  adottiva;  peraltro,  lo  stesso
legislatore in altri passi della legislazione del 2001 (articoli 28 e
31 in tema di congedo) faceva chiaramente intendere la  parificazione
della posizione genitoriale ai  fini  della  prestazione  in  oggetto
(ripetesi, in caso di congedo). Nel dettaglio, l'art. 31 del  decreto
legislativo n. 151/2001 fa chiaro riferimento al diritto a congedo da
parte del padre nel caso in cui il congedo  medesimo  non  sia  stato
richiesto dalla madre e ne afferma il diritto alle stesse condizioni.
Ove si pensi che se indubbiamente l'indennita' in caso di  maternita'
naturale sovviene ad esigenze precipue della madre in tema di salute,
un tanto non vale nel diverso caso di adozione in cui  la  situazione
dei genitori e' assolutamente paritaria dal  momento,  come  qui,  di
ingresso dei figli adottivi in famiglia che costituisce come evidente
il momento di  partenza  della  nuova  vita  familiare.  Risulta  poi
necessario il rammentare che (vedi Cass. n. 809/2013) si e' notata da
tempo la diversita' fra la genitorialita' biologica e quella adottiva
e si era escluso il diritto all'indennita' solo perche' la stessa era
stata riconosciuta alla moglie  lavoratrice  dipendente  ma  va  pure
rammentato che il quadro normativo si e' evoluto nel  senso  riferito
prima e non certo favorevole alle  domande  e  tesi  del  ricorrente.
Riprendendo le osservazioni  di  cui  alla  qui  accennata  pronuncia
(Cass. n.  809/2013)  nei  casi  di  adozione  il  fine  precipuo  e'
rappresentato dalla garanzia di un'assistenza completa  al  fanciullo
nella delicata fase del suo inserimento  in  famiglia  e  compete  ai
genitori la scelta su chi debba assentarsi dal lavoro  per  assistere
il bambino e l'astensione  dal  lavoro  mira  solo  ad  agevolare  il
processo di formazione e crescita del minore. Va poi  rammentato  che
l'intervento della Consulta di cui alla sentenza n. 285/2010  ineriva
invece ad un caso di maternita' biologica e che per  contro  parrebbe
rilevare in materia un piu' datato precedente della  Consulta  (Corte
costituzionale, sentenza n. 3/1998) in cui  il  giudice  delle  leggi
pose in risalto che l'istituto dell'indennita'  di  cui  si  discorre
consente all'interessata di assolvere in modo adeguato alla  funzione
genitoriale evitando che la libera professionista venga turbata da un
qualche  pregiudizio  nella  sua  attivita'  professionale.  Si  nota
quindi, alla luce dell'art. 3, primo e secondo comma  Cost.,  che  le
figure genitoriali in ispecie nel caso di adozione  hanno  diritto  a
parita' di trattamento e  non  si  ravvisa  ragione  per  una  tutela
diversificata della sola figura materna; inoltre, si osserva che  nei
casi citati in premessa di congedo per il lavoratore si e'  a  chiare
lettere asserito un principio di alternativita' fra  i  due  genitori
(vedi l'art. 31, decreto legislativo n. 151/2001). Nel  contempo,  va
rammentato il valore costituzionale del disposto dell'art. 29,  primo
comma Cost., in materia di diritti della famiglia specie in casi come
questo in cui si ebbe il contestuale ingresso in famiglia appunto  di
tre figli minori adottivi , valore che pare soffrire  qui  detrimento
dal disposto diniego a prestazione qui avvenuto non  consentendo  una
ragionevole e paritaria soluzione al  caso  in  oggetto.  Inoltre  ed
ancor piu' va rammentato il  canone  di  cui  all'art.  31,  primo  e
secondo Cost., per cui vengono  tutelati  ed  agevolati  dalla  Carta
fondamentale della Repubblica italiana la formazione di una famiglia,
o  come  qui  il  suo  incremento,  anche  con  misure  economiche  e
provvidenze e l'adempimento dei compiti genitoriali e viene  protetta
la maternita' e l'infanzia e, in termini piu' estesi,  la  condizione
di genitore. 
    Tenuto poi conto del valore di  norme  interposta  dell'art.  117
Cost. primo comma,  che  richiama  il  legislatore  al  rispetto  dei
vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e degli articoli 12  e
14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo resa a Roma  il  4
novembre 1950 nonche' gli articoli 21 e 23 della  Carta  dei  diritti
fondamentali dell' Unione europea (c.d. Carta di Nizza del 7 dicembre
2000/12 dicembre 2007) il caso in oggetto confligge  con  i  principi
del diritto a contrarre matrimonio ed a fondare una famiglia (art. 12
- Convenzione europea dei  diritti  dell'uomo),  con  quello  di  non
discriminazione per ragioni di sesso (art. 14 -  Convenzione  europea
dei diritti dell'uomo, ed art. 21 della Carta  di  Nizza)  e  con  il
criterio legale di parita' fra uomo e donna  in  materia  di  lavoro,
retribuzione ed occupazione (art. 23 della Carta di Nizza) ponendo in
posizione deteriore il padre genitore adottivo cui non e' almeno allo
stato ancor concessa l'indennita' in questione.